Oggi voglio parlarvi dello Shibori, l’antica tecnica giapponese di tintura a riserva, che un po’ tutti conosciamo.
Voglio però prima approfondire e affrontare il discorso sul profondo processo meditativo che comporta.
Infatti mi piace tantissimo la ripetizione dei suoi gesti, la concentrazione richiesta e il legame con il materiale, che trasformano questa pratica, in un’esperienza capace di calmare la mente e favorire la consapevolezza del momento presente!
LA PAZIENZA COME VIA DI CONSAPEVOLEZZA : RIFLESSIONI
Lo Shibori sappiamo tutti che richiede tempo, dedizione e tanta pazienza.
Ogni nodo, piega o cucitura è un atto che necessita di molta attenzione e precisione, se alla fine del lavoro, vogliamo ottenere dei bei risultati.
In questo modo la mente si libera dalle distrazioni ed è proprio in quel momento, che il corpo e la mente, lavorano in armonia, creando un senso di equilibrio interiore.
La pazienza quindi diventa un’alleata e ci insegna a rispettare il tempo naturale delle cose senza fretta o ansia per il risultato finale.
ORIGINI E FILOSOFIA
Originario del Giappone, lo Shibori affonda le sue radici in tradizioni secolari, è una tecnica di tintura infatti, risalente a oltre 1.300 anni fa, sviluppatasi con l’obiettivo di decorare tessuti pregiati, spesso destinati a kimono e altri indumenti tradizionali.
Spesso è confuso o identificato con il Tie Dye, che invece, ha origini più recenti e si è diffuso negli anni ‘60 e ‘70 grazie al movimento hippie.
Questo metodo prevede la torsione e la legatura del tessuto in modi casuali prima della tintura, creando motivi psichedelici vivaci e molto colorati.
Nello shibori invece, ogni piega, legatura, cucitura o torsione viene eseguita con cura per ottenere effetti visivi particolari.
La filosofia alla base di questa tecnica, sottolinea l’imprevedibilità e la bellezza del caso.
Questa incertezza, piuttosto che frustrare, mi incanta e mi invita ad abbracciare l’imperfetto, come spesso avviene anche nelle tecniche dell’ecoprint.
DIFFERENZE CHIAVE TRA SHIBORI E TIE DYE
Precisione e Artigianalità: mentre il Tie Dye è più libero e spontaneo, lo Shibori richiede tecnica e attenzione ai dettagli.
Materiali e Coloranti: lo Shibori utilizza spesso indaco naturale, mentre il Tie Dye impiega colori sintetici e variopinti.
Risultato Estetico: il Tie Dye tende a creare motivi casuali e psichedelici, mentre lo Shibori produce disegni più sofisticati e ripetibili.
MATERIALI UTILIZZATI NELLO SHIBORI
L’uso di materiali semplici è uno degli aspetti più interessanti dello Shibori.
Non serve infatti disporre di attrezzature costose per iniziare a sperimentare, perché spesso, proprio alcuni oggetti che abbiamo in casa, possono trasformarsi in strumenti per creare simpaticissimi motivi.
Io ne vado sempre in cerca !
Elastici e spago di cotone sono elementi economici e facilmente reperibili, capaci di creare legature strette che impediscono al colore di raggiungere certe zone.
Mollette e morsetti sono invece perfetti per fissare il tessuto in forme particolari, soprattutto quando si vuole sperimentare con piegature e compressioni.
Poi possiamo utilizzare bastoncini di ghiacciolo, coppie di forme in legno o plexiglass e persino piccole pietre, tutti oggetti di uso quotidiano che, messi insieme in maniera creativa, possono dare vita a motivi davvero sorprendenti.
TECNICHE DI SHIBORI PIU’ COMUNI
Esistono numerose tecniche di shibori, ognuna con le sue caratteristiche e il suo risultato finale, in base ai materiali utilizzati.
Alcune delle tecniche più comuni sono:
Arashi shibori dove il tessuto viene arrotolato e legato attorno a un tubo.
Il risultato è un motivo a spirale o a onde.
Il Kumo shibori dove il tessuto viene piegato a fisarmonica o su sé stesso e legato a intervalli regolari.
L’Itajime shibori dove il tessuto viene piegato e compresso tra due tavolette di legno. Il risultato è un motivo geometrico e preciso.
Nel Kanoko shibori, il tessuto invece, può essere legato a piccoli nodi, per creare un motivo a pois.
L’IMPREVEDIBILITA’ DEL RISULTATO
Dopo tutte queste articolate manovre, spesso il mistero del risultato finale, è la parte più intrigante.
Direi un vero divertimento creativo, perché questa tecnica, può essere usata oltre che con il classico indaco, con svariate tinture naturali, legate all’ecopprint.
Di questo però, ve ne parlerò nel prossimo articolo.
Dicevo che uno degli elementi più emozionanti, quindi, è proprio l’ignoto.
Le pieghe, le legature e le compressioni interagiscono in modo così complesso con il colore che, anche se si segue una tecnica collaudata, il capolavoro finale potrà sorprendere e incantare.
È questa magia del “non sapere cosa accadrà”, che mi spinge a provare e riprovare, cercando di perfezionare la tecnica e cercando, tra i vari materiali, sempre nuovi modi di “resistere”.
Buongiorno Carla,
questa tecnica è veramente stupenda perché mi ha permesso di ottenere dei risultati stupefacenti e sono contenta che tu oggi ne hai parlato in modo esauriente, sicuramente farai appassionare molte tue lettrici perché i risultati sono sempre diversi e belli.
Questi tuoi articoli domenicali li seguo sempre con molto interesse.
Grazie e buon lavoro.
Francesca
Grazie Francesca, sono contenta delle tue parole, mi motivi sempre, grazie ancora!